martedì 26 giugno 2012

LOCAZIONE COMMERCIALE: L'INDENNITA' DI AVVIAMENTO


LOCAZIONE COMMERCIALE E INDENNITA' DI AVVIAMENTO

In caso di cessazione del rapporto di locazione di un immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione, di cui all'art. 27 della Legge n. 392/1978, non dovuta ad una risoluzione per inadempimento, o disdetta, o recesso del conduttore ovvero per una delle procedure previste dal Regio Decreto n. 267/1942 (Legge Fallimentare), l'art. 34 stabilisce che il conduttore ha diritto, per le attività industriali, commerciali, artigianali o di interesse turistico, ad una indennità pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto (21 per le attività alberghiere).
L'art 35 stabilisce che la norma in questione non si applica in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali.
La norma è finalizzata a predeterminare il danno presunto che il conduttore subisce per la perdita della propria clientela, in conseguenza della cessazione del rapporto di locazione e ciò indipendentemente dall'esistenza di un danno concreto.
Infatti, la sentenza della Cassazione n. 14.461 del 2005 ha precisato che l'indennità per la perdita dell'avviamento non è subordinata alla perdita in concreto dell'avviamento o alla prova dell'effettivo danno cagionato al conduttore a causa del rilascio dell'immobile.
Il diritto all'indennità sorge quindi in capo al conduttore a seguito di disdetta del locatore, per il solo fatto di svolgere un'attività, prevista dal primo comma dell'art. 27, che sia a contatto diretto con il pubblico.
Mentre il combinato disposto degli art.li 27 e 29 sancisce la durata del contratto di un immobile diverso dall'abitazione in 6 anni (9 in caso di attività alberghiera o teatrale), limitando fortemente la facoltà del locatore di non rinnovare il contratto alla prima scadenza (ecco perché si parla di 6+6), l'art. 28 stabilisce che, per le attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico o professionale di lavoro autonomo, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni (o nove).
Necessaria, pertanto, trascorsi i 12 (o 18) anni, la disdetta del locatore (o dell'inquilino, con perdita, in questo caso, del diritto all'indennità), in caso contrario, il contratto sarà da intendersi tacitamente rinnovato.
Un caso interessante di esclusione del diritto all'indennità è la risoluzione consensuale del contratto, come ha stabilito la sentenza della Corte di Cassazione S.U. n. 2.231 del 1995.
Altro caso di esclusione è rappresentato dalla morosità o da inadempimento contrattuale del conduttore, così come da cessazione dell'attività per effetto di sopraggiunto fallimento (Cass. n. 6.650 del 2002).
Il diritto del conduttore all'indennità è subordinato alle modalità dell'attività esercitata, che deve essere in concreto verificata dal giudice di merito (Cass. n. 4.273 del 1997).
E' stato altresì riconosciuto il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento ad un'impresa assicuratrice con contatti diretti con il pubblico (Cass. n. 6.876 del 2003), ad un broker di assicurazioni che svolgeva la sua attività in forma di impresa commerciale (Cass. S.U. n. 6.874 del 2003), ad una società di intermediazione immobiliare ( Cass. S.U. n. 2.646 del 1998).
Il secondo comma dell'art. 34, infine, dispone che, qualora l'immobile, entro un anno dalla cessazione della precedente, venga adibito all'esercizio della stessa attività o di attività incluse nella medesima merceologica che siano affini a quella già esercitata dal conduttore uscente, quest'ultimo avrà diritto ad un'ulteriore indennità, pari a quella percepita con il rilascio (18+18 o 21+21 mensilità).
Dovrà essere il giudice a stabilire se la nuova attività, oltre ad essere inclusa nella stessa tabella merceologica della precedente, sia ad essa affine (Cass. n. 4.225 del 1989).

domenica 24 giugno 2012

AFFITTO A RISCATTO

LA LOCAZIONE CON PATTO DI FUTURA VENDITA

La locazione con patto di futura vendita è un contratto atipico, in quanto non espressamente disciplinato da una norma di legge.
In tale fattispecie, in realtà, si ricomprendono due tipologie contrattuali completamente diverse, a seconda di come viene configurato il “patto di futura vendita”:
-        può essere configurato come un’opzione, a norma dell’art. 1331 cod. civ., per mezzo della quale il conduttore acquisisce il diritto di acquistare l’immobile entro un dato termine e ad un dato prezzo e soltanto il proprietario/locatore è vincolato: in questo caso i contratti di locazione e di opzione di vendita, benché collegati, mantengono una reciproca autonomia;
-        può essere configurato come un vero e proprio preliminare di vendita, vincolante per entrambe le parti: in questo caso, invece, la sentenza della Cassazione Civile n. 3587 del 1992, ha ritenuto che nella fattispecie" … deve ravvisarsi un contratto atipico complesso costituito dalla fusione delle cause dei due contratti tipici (vendita-locazione) in cui la causa principale è quella del trasferimento della proprietà... (omissis)...".

Caratteristiche
Le due diverse tipologie contrattuali hanno peraltro alcune caratteristiche simili.
Il canone di locazione è di norma più alto del normale, in quanto non serve soltanto a remunerare il godimento dell’immobile, ma una quota percentuale dello stesso costituisce acconto sul prezzo di vendita.
Il prezzo del “riscatto” viene determinato subito in sede di stipulazione del contratto di locazione ed è più basso del normale prezzo di mercato, in quanto tiene conto dei canoni di locazione “maggiorati” (e quindi degli acconti prezzo ivi contenuti) che saranno pagati prima della stipulazione dell’atto definitivo di trasferimento della proprietà.
Quanto alla durata del contratto di locazione, è dubbio se sia possibile derogare alla disciplina delle locazioni di immobili abitativi, che prevede una durata minima contrattuale di 4 anni, con rinnovo automatico per ulteriori 4 anni. A tal proposito, si richiama il Quesito n. 553-2009-C posto da notai, a cui ha dato risposta il loro Centro Studi, il quale, con riferimento alla locazione accompagnata da preliminare di vendita, rileva: "Essendo questi schemi contrattuali normalmente  utilizzati dalle parti con il fine ultimo del trasferimento della proprietà, venendo la locazione ad assumere nell’economia dell’affare una funzione meramente strumentale (rispondente, in generale, all’esigenza di differire o rateizzare il pagamento del prezzo di vendita), la disciplina dettata dalla legge 431/98, con specifico riferimento ai contratti di locazione, non dovrebbe trovare applicazione in relazione a tali accordi".
In altri termini, il responso parrebbe prevedere una fattispecie in deroga alla normativa vigente, con riferimento alla durata contrattuale ammonendo però: "(omissis)...Pertanto, la soluzione è in concreto rimessa al prudente apprezzamento del notaio nella valutazione della situazione effettiva, anche in considerazione delle possibili finalità fraudolente eventualmente perseguite dalle parti".
Dubbia è la sorte dei canoni di locazione (comprendenti, si ricorda, una quota del prezzo di vendita) pagati nel caso in cui non si proceda poi al trasferimento della proprietà dell’immobile, o per mancato esercizio del diritto di opzione o per mancata stipulazione del contratto definitivo. Non sembra applicabile al caso in esame la disciplina dettata in sede di vendita a rate dall’art. 1526, co. 1, cod. civ., che prevede l’obbligo del venditore di restituire le rate riscosse. In mancanza di un’espressa disciplina sembra che il proprietario/locatore potrà ritenere i canoni già pagati, in parte quale compenso per il godimento della cosa locata e in parte quale corrispettivo dell’opzione (nel primo caso) o quale caparra (nel secondo caso).
Quanto alla pubblicità nei registri immobiliari:
-        la trascrizione del contratto di opzione non è prevista dal legislatore ed è pertanto illegittima;
-        la trascrizione del preliminare, invece, è prevista e regolata dall’articolo 2645-bis cod. civ., che prevede una validità massima della trascrizione di tre anni, non rinnovabili.

Vantaggi e svantaggi
La decisione delle parti di avvalersi di una locazione con patto di futura vendita è legata ad una serie di vantaggi che si possono concretizzare in capo ad entrambi i contraenti. 
Per il conduttore/acquirente, vorrebbe dire:
- potere utilizzare fin da subito il bene che è stato scelto;
avere già predeterminato il prezzo della casa;
- nel caso in cui sia già proprietario di un immobile prima casa da vendere prima del nuovo acquisto, avere tutto il tempo di farlo e non doversi intestare un secondo immobile, con un sensibile aggravio della tassazione;
- vedersi trasformare, in sede di trasferimento della proprietà, parte dei canoni versati in acconto prezzo (ovviando così al problema di non disporre fin da subito di una somma da versare a titolo di caparra);
- in sede di atto definitivo o di esercizio dell’opzione, richiedere un mutuo di importo inferiore, essendo il prezzo di “riscatto” più basso di quello di vendita, tenendo conto degli acconti già pagati.
Per il locatore/proprietario, vorrebbe dire:
- avere un immobile che genera un'entrata superiore a quella di una locazione ordinaria;
- avere già individuato un potenziale acquirente, fortemente motivato a comprare/tenuto a comprare;
- in caso di mancata vendita, trattenere comunque le somme versate.
Uno svantaggio comune ad entrambe le tipologie contrattuali è la virtuale inopponibilità del contratto ai terzi prima che venga effettuato il trasferimento definitivo della proprietà: il contratto di locazione, infatti, non è trascrivibile salvo che abbia durata superiore ai nove anni; il “patto di futura vendita”, invece, come detto sopra, se è configurato come un’opzione non è trascrivibile, mentre se è configurato come un preliminare può essere trascritto solo per una durata limitata (3 anni).

Trattamento fiscale
A seconda di quale delle tue tipologie contrattuali (opzione o preliminare) si scelga, varia conseguentemente anche il trattamento fiscale dell’operazione.
Nel caso di opzione di vendita, i due contratti sono tassati autonomamente: in sede di stipulazione della locazione, si pagherà l’imposta di registro o l’IVA sulle locazioni e un’imposta fissa (euro 168,00) per l’opzione di vendita; in sede di esercizio dell’opzione, invece, si pagheranno le normali imposte sul trasferimento di immobili, calcolate su una base imponibile pari al valore dell’immobile al momento del riscatto, salvo il caso in cui ci si possa avvalere del prezzo-valore.
Nel caso di preliminare di vendita, invece:
-        se l’atto è soggetto ad IVA, l’art. 6, co. 1, D.P.R. 633/1972 (Testo Unico IVA), mediante il richiamo all’art. 2, n. 2) dello stesso D.P.R., dispone che la locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti è una cessione di beni i cui effetti si considerano prodotti già al momento della stipulazione del contratto di locazione. Pertanto l’atto sconta immediatamente l’IVA sui trasferimenti di immobili, calcolata su una base imponibile data dal valore del bene al momento della stipulazione del contratto di locazione, mentre i canoni di locazione (considerati componenti del prezzo) sono esenti da tassazione (così risoluzione n. 250873 del 2 giugno 1983, e risoluzione n. 338/E del 1° agosto 2008). Anche il decorso dei 5 anni, necessario per determinare se l’atto sia o meno esente da IVA (salva, adesso, la possibilità per il venditore di optare comunque per il regime IVA), va calcolato con riferimento al momento in cui viene stipulato il contratto di locazione;
-        se l’atto è soggetto a registro, invece, si dovranno distinguere i due momenti (locazione e definitivo) e ciascuno sarà autonomamente tassato.

Figure affini
La locazione con patto di futura vendita va distinta da alcune tipologie contrattuali simili.
Va distinto dal leasing finanziario, contratto atipico con il quale un operatore finanziario acquista un bene, precedentemente individuato dall'utilizzatore, allo scopo di concederne a quest'ultimo il pieno godimento dietro il versamento di un canone periodico e con la facoltà per l'utilizzatore di esercitare l'opzione di acquistarne la proprietà, al termine di un determinato periodo: si tratta di una forma particolare di finanziamento, che pertanto può essere operata esclusivamente da un intermediario finanziario; diversamente, nella locazione con patto di futura vendita manca la componente del finanziamento e pertanto può essere conclusa da chiunque.
Va poi distinta dalla vendita con riserva della proprietà, o vendita a rate, disciplinata dagli articoli 1523 e seguenti cod. civ.. Sebbene vi siano delle evidenti analogie tra le due fattispecie, in quanto l’acquirente acquista immediatamente il godimento del bene, mentre la proprietà verrà acquistata solo successivamente, col pagamento integrale del prezzo, la differenza, notevole, sta nelle modalità con le quali l’acquirente acquisterà la proprietà: nella vendita a rate ciò avverrà automaticamente, con il pagamento dell’ultima rata; nella locazione con patto di futura vendita, invece, non basta la manifestazione di volontà di acquistare, né il pagamento integrale del prezzo, ma sarà necessario un apposito atto notarile di trasferimento.
Va, infine, distinta dalla figura contrattuale prevista dall’articolo 1526, u. co., cod. civ., e cioè dal contratto di locazione nel quale sia convenuto che la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti: al di là dei termini utilizzati, infatti, quel contratto è in tutto e per tutto una vendita a rate.

 A cura dello Studio Notarile Gamba di Torino


DOCUMENTI UTILI
Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 338/E/2008

MASSIMARIO DELLE SENTENZE
Nella locazione di un immobile con patto di futura vendita, ove le parti abbiano considerato la locazione strumentalmente collegata alla promessa di vendita, per consentire al futuro acquirente l'uso dell'immobile fino al termine previsto per la vendita o il pagamento del prezzo, deve ravvisarsi un contratto atipico complesso costituito dalla fusione delle cause dei due contratti tipici (vendita-locazione) in cui la causa principale è quella del trasferimento della proprietà, con conseguente inapplicabilità della disciplina dell'equo canone dettata dalla l. 27 luglio 1978 n. 392 per le locazioni degli immobili urbani adibiti o non ad uso abitativo.
Cass. civ., Sez. III, 23/03/1992, n. 3587

Nella vendita con riserva di proprietà l'inadempimento del compratore di pagare le rate del prezzo non comporta automaticamente l'obbligo di restituzione del bene al venditore necessitandosi anche la preventiva dichiarazione dello stesso venditore di voler azionare il patto di riservato dominio.
Trib. Milano, Sez. II, 18/11/2002

In tema di imposta di registro, ai fini del regime tributario applicabile qualora un alloggio economico e popolare, concesso in locazione ventennale con patto di futura vendita e riscatto, venga assegnato in proprietà al conduttore dopo il ventennio, il trasferimento della proprietà dell'immobile - ancorché nel relativo atto sia dichiarato che esso avviene con effetto "ex tunc" - si realizza solo con l'atto finale dell'assegnazione, la quale sotto tale profilo è soggetta a tassazione. (La S.C., nell'affermare il principio cassando la sentenza impugnata, ha negato che fosse rilevante che entrambe le parti sin dalla promessa di vendita fossero vincolate ad attuare il trasferimento del bene, non valendo la circostanza, in contrario, a far considerare realizzato il trasferimento della proprietà, ai fini dell'imposta in questione, dal momento della promessa stessa, atteso che, ai sensi dell'art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, l'imposta di registro è applicata in conformità alla intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell'atto). (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Bari, 13 Dicembre 2004) 
Cass. civ., Sez. V, 20/08/2007, n. 17709



IL RENT TO BUY POST RIFORMA D.L. 133/2014 SBLOCCA ITALIA

NOTARIATO: IL RENT TO BUY POST RIFORMA 2014










mercoledì 20 giugno 2012

PARCHEGGI PERTINENZIALI: LA LEGGE TOGNOLI E LE NUOVE MODIFICHE APPORTATE




I PARCHEGGI PERTINENZIALI


La Legge n. 122 del 24 marzo 1989, cosiddetta LEGGE TOGNOLI, all'art. 9 comma 1 prevedeva:" I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unita' immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purche' non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici... (omissis)".
Al comma 5 disponeva inoltre:" I parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli”.
Dopo numerosi Decreti Legge, mai convertiti in Legge, la cui mancata conversione ha generato problemi di natura giuridica di non facile soluzione legati alla sorte dei parcheggi "Tognoli" compravenduti separatamente dall'appartamento, cui erano uniti da vincolo pertinenziale, durante il periodo di validità di questi Decreti Legge non convertiti e non più reiterati, il nuovo "DECRETO SEMPLIFICAZIONI" n. 5 del 09/02/2012, coordinato con la legge di conversione 4 aprile 2012 n. 35, all'art. 10 ha apportato una sostanziale modifica al comma 5 dell'art. 9 della Legge 122/1989, sopra riportato.
Il nuovo testo del comma 5 recita infatti:" Fermo restando quanto previsto dall'articolo  41-sexies,  della Legge n. 1150 del 17 agosto 1942,  e  successive  modificazioni,  l'immodificabilità  dell'esclusiva  destinazione  a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1  può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei  successivi  atti  convenzionali, solo  con contestuale  destinazione  del  parcheggio  trasferito   a pertinenza di altra unita' immobiliare sita nello  stesso  Comune.  I parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono  essere  ceduti separatamente dall'unita'  immobiliare  alla  quale  sono  legati  da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione  di  espressa  previsione   contenuta   nella   convenzione stipulata con il Comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione".
E' opportuno riportare qui di seguito il chiarimento fornito dal Consiglio Nazionale del Norariato, in merito all'ubicazione che deve avere il parcheggio pertinenziale ceduto: "L’instaurarsi del regime pertinenziale richiede pur sempre la destinazione del parcheggio a servizio dell’unità principale, la quale a sua volta presuppone ovviamente la possibilità che il parcheggio sia utilizzato per l’utilità del bene principale e non semplicemente per il proprietario dello stesso. Se ne deve dedurre che ai fini della sussistenza del rapporto pertinenziale in esame l’ubicazione nello stesso comune è condizione necessaria ma non sufficienteSarà infatti anche necessario che il parcheggio sia ubicato in prossimità dell’unità principale e cioè ad una distanza tale da consentire l’instaurarsi di un rapporto di servizio fra il parcheggio ed il bene principale".
Lo stesso studio esclude poi l'ipotesi di dovere richiedere un'autorizzazione al Comune per lo spostamento del vincolo su altra unità:"la norma non richiede che lo spostamento del vincolo di pertinenzialità debba essere autorizzato dal comune, né che debba essere all’uopo modificato il titolo edilizio che aveva legittimato la costruzione del parcheggio ovvero gli eventuali atti d’obbligo stipulati al riguardo, né che la destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune sia oggetto di un autonomo atto d’obbligo nei confronti del comune, ma si limita a prescrivere che siffatta destinazione sia “contestuale”.


DOCUMENTO UTILE




P   Rispetta l'ambiente: se non ti è necessario, non stampare questo post.




domenica 17 giugno 2012

CARATTERISTICHE DELLE ABITAZIONI DI LUSSO



DECRETO DEL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI N. 1072 DEL 02/08/1969

I riferimenti per definire un'abitazione di lusso (A/8, A/1), a tutt'oggi utilizzati, sono contenuti nel D.M. 1072 del 02/08/1969 che fu emanato ai sensi ed in applicazione dell'art. 13 della Legge "Tupini" n. 408/1949.
Nella tabella in esso riportata (richiamata dall'art. 8) sono elencate una serie di caratteristiche, tra cui la metratura  dell'abitazione, l'estensione dei parchi privati ed il rapporto con le superfici coperte, l'estensione delle piscine a servizio degli immobili unifamiliari e, in caso di piscine o di campi da tennis condominiali, il numero di unità abitative al cui servizio sono stati realizzati, la cui concomitanza (vedi infra) determina il contesto "di lusso".
L'art. 8 del Decreto Ministeriale stabilisce che sono considerate abitazioni di lusso: Le case e  le singole unità immobiliari che abbiano oltre 4 caratteristiche tra quelle della tabella allegata al presente decreto".
Ed infatti, la sentenza n. 126/37/2010 del 21/06/10 emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma, in applicazione del citato art. 8 ha correttamente dichiarato che è insufficiente ad attribuire la qualifica di lusso all'abitazione acquistata, quando viene evidenziata una sola caratteristica tra quelle indicate nella tabella allegata al D.M. del 02/08/69.
Con riferimento alla "Villa", intesa come abitazione unifamiliare, il Decreto considera di lusso:
  • Le abitazioni unifamiliari dotate di piscina di almeno 80 mq. di superficie o campi da tennis con sottofondo drenato di superficie non inferiore a 650 mq.
  • Le case composte di uno o più vani costituenti unico alloggio padronale avente superficie utile complessiva superiore a mq. 200 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine) ed aventi come pertinenza un’area scoperta della superficie di oltre sei volte l’area coperta.
Viene invece considerato appartamento di lusso la singola unità immobiliare avente superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine).
E' opportuno chiarire che la metratura di 240 mq., oltre la quale deve intendersi di lusso un appartamento (A/1), non va confusa con la metratura riportata nella tabella del Decreto, dove indica, per la singola unità abitativa, una superficie utile complessiva superiore a 160 mq. perchè, mentre gli oltre 240 mq sono sufficienti da soli per contraddistinguere un appartamento di lusso, gli oltre 160 mq. non sono sufficienti da soli per qualificare l'alloggio come appartenente alla categoria "di lusso", giusta la necessità, fissata dal già citato art. 8, della coesistenza di oltre 4 caratteristiche tra quelle elencate.


P   Rispetta l'ambiente: se non ti è necessario, non stampare questo post.




IL DECRETO LEGGE SVILUPPO: DETRAZIONI FISCALI DAL 36% AL 50%


BONUS DETRAZIONE FISCALE DAL 36% AL 50%

Il Decreto Legge n. 83/2012, cosiddetto Decreto Sviluppo, ha apportato, all'art. 11, alcune sostanziali modifiche in materia di bonus fiscale sul recupero edilizio. L'aliquota del 36% è stata elevata al 50% ed è stata aumentata da 48.000 euro a 96.000 la quota soggetta a detrazione. A tale bonus è stato dato però un termine: 30 giugno 2013. E' importante ricordare che, per beneficiare della detrazione, si deve fare riferimento alla data del pagamento: per entrare nell'ambito del 50% i versamenti a mezzo bonifico devono essere stati effettuati dopo l'entrata in vigore della norma (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26/06/12). Parimenti, in prossimità della scadenza, sarà doveroso effettuare il saldo entro il 30 giugno 2013, anche se le opere saranno ancora da ultimare.
Invece, in materia di riqualificazione energetica, la Legge di conversione n. 134/2012, andando a modificare l'articolo 11 (comma 2) del decreto citato, ha mantenuto l'aliquota al 55% (il decreto l'aveva abbassata al 50%), con il termine della proroga per gli incentivi fissato sempre al 30 giugno 2013.
Per entrambi i casi, la rateazione sarà sempre decennale, fatto salvo il caso di contribuente ultrasettantacinquenne, per il quale il lasso di tempo viene ridotto a 5 anni.
Per ulteriori informazioni, è stato allegato un articolo on line de Il Sole 24 Ore mentre per riassumere la normativa già vigente legata al tema della cessione immobiliare, si rimanda al post sulle DETRAZIONI FISCALI IN CASO DI CESSIONE IMMOBILIARE.


ARGOMENTO CORRELATO


P   Rispetta l'ambiente: se non ti è necessario, non stampare questo post.



giovedì 14 giugno 2012

ISTAT RIVALUTA

CALCOLO DELLA RIVALUTAZIONE MONETARIA


Dal mese di dicembre 2011 l'ISTAT ha reso disponibile un facile sistema gratuito di calcolo di rivalutazione monetaria basato sull'indice dei prezzi al consumo per famiglie impiegati ed operai, denominato RIVALUTA .
Il sistema è di facile impiego e viene utilizzato, tra le altre possibilità, per calcolare gli aumenti ISTAT dei canoni di locazione, così come le rivalutazioni dei prezzi di cessione degli immobili edificati in Edilizia Convenzionata, ove la Convenzione faccia espressamente riferimento a questo indice di rivalutazione.
Il sistema prevede anche una serie di servizi aggiuntivi estremamente interessanti.
E' inoltre sempre disponibile la pagina aggiornata ISTAT per la RIVALUTAZIONE MONETARIA.











COSTRUZIONI ANTERIORI AL 01/09/1967


COSTRUZIONI INIZIATE IN DATA ANTERIORE AL 01/09/1967

La dichiarazione, resa in preliminare e riconfermata in atto pubblico dal proprietario, che attesta che la costruzione dell'immobile venduto sia iniziata in data anteriore al 01 settembre 1967, ove ciò corrisponda al vero, è regolata dall'art. 40 della Legge n. 47 del 1985, il quale dispone che:" ...(omissis)... Per le opere iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo ... attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al ...".
Tale dichiarazione, che libera il proprietario dall'obbligo di citare ed eventualmente di produrre i permessi di costruire rilasciati, è stata resa possibile inizialmente in forza dell'art. 4 della Legge n. 15/68 e successivamente ai sensi degli art.li 46 e seguenti del D.P.R. n. 445/2000 , contenente le disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.
Va precisato che, trattandosi di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, l'accettazione dell'autocertificazione è rimessa alla discrezionalità dell'acquirente il quale potrebbe, di contro, esigere l'esibizione del titolo abilitativo.
Al fine di determinare la necessità del Certificato di Agibilità, occorre verificare se l’immobile è stato edificato:
  1. ante 1934: non è soggetto a certificato di agibilità;
  2. ante 1934, ma ristrutturato nel corso del tempo: è soggetto ad agibilità;
  3. post 1934: è soggetto a certificato di agibilità;
Prima del 17 agosto 1942 il titolo concessorio è l'autorizzazione sanitaria.
Dopo il 1942 e sino all’entrata in vigore della L n° 765/67: per gli immobili realizzati all’interno dei centri urbani, il titolo concessorio era la Licenza Edilizia, mentre per gli immobili realizzati all’esterno dei centri urbani, il titolo concessorio era l’autorizzazione sanitaria (con certificazione d’abitabilità per entrambi).
Dopo l’entrata in vigore della L n° 765/67 e sino ai oggi: nessuna divisione tra immobili realizzati all’interno od all’esterno dei centri urbani – il titolo concessorio diventa la Licenza Edilizia che, a seconda dell’epoca d’esecuzione, cambia nome (Licenza Edilizia: dal 1942 con la Legge 1150; Concessione Edilizia Onerosa: dal 1977 con la Legge 10; Permesso di Costruire: dal 2003 con il TUE DPR 380/01).
Come detto sopra, per i manufatti edificati prima del 1934, che non siano stati oggetto di interventi tali da modificarne le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico, non è necessario che venga richiesto e rilasciato il Certificato di Agibilità, purché le opere siano state ultimate prima dell’entrata in vigore del R. D. 27/07/34 n. 1265 che impone l’obbligo di richiedere questo certificato.
Per saperne di più in tema di menzioni urbanistiche e validità degli atti notarili, si allega il link dello Studio n. 5389/C del Consiglio Nazionale del Notariato.
Si consiglia di consultare anche lo Studio n. 4509, sempre redatto dal C.N.N., concernente la commerciabilità del bene e le norme che regolano il condono edilizio.
Per quanto ovvio, è bene qui ricordare che la dichiarazione resa in atto, attestante l'avvenuta edificazione ante 01/09/67, nulla ha a che vedere con l'obbligo, gravante sul venditore, di procurare all'acquirente il certificato di agibilità, salvo diversa pattuizione tra le parti, ferma restando la possibilità di commercializzare il bene anche in assenza di questo documento.
Per un approfondimento in materia di certificato di agibilità, cliccare QUI.


LE SENTENZE
Poichè la l. urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 costituisce la norma generale ed organica dell'ordinamento urbanistico - edilizio - cui pure la l. 28 febbraio 1985 n. 47, pur introducendo la possibilità generalizzata di condono edilizio, fa riferimento in tal senso -, essa costituisce il limite massimo cui rimontare ai fini della sanatoria non solo perchè essa ha introdotto per prima volta l'obbligo generalizzato di richiedere la licenza (oggi, concessione) edilizia, ma anche perchè l'art. 31 l. n. 47 del 1985 ammette a sanatoria anche gli abusi per le opere realizzate anteriormente all'1 settembre 1967 se per queste fosse richiesta, ai sensi dell'art. 31 comma 1 l. n. 1150 del 1942 e dei regolamenti edilizi comunali, il rilascio della licenza di costruzione.
Cons. Stato, Sez. V, 21/10/1998, n. 1514

La data di entrata in vigore della l. n. 1150 del 1942 rappresenta il limite temporale oltre il quale non sussiste l'obbligo di presentare domanda di condono edilizio; una legislazione che non ponesse alcun limite alla possibilità di irrogare gravi sanzioni per abusi commessi anche in epoche remote, non sarebbe, infatti, rispettosa del principio di ragionevolezza.
Cons. Stato, Sez. V, 21/10/1998, n. 1514

È illegittima l'ordinanza di demolizione di un manufatto di cui è stata fornita prova non contestata della sua realizzazione in data antecedente al settembre 1967, ossia precedente all'introduzione dell'obbligo di ottenere la licenza edilizia per immobili siti al di fuori dei centri abitatiTAR Umbria 10/05/2013 n. 281

L'obbligo di richiedere la licenza edilizia (ora permesso di costruire) per realizzare nuove edificazioni è stato introdotto dall'art. 31 della legge urbanistica n. 1150/1942 esclusivamente per gli immobili situati nei centri urbani. Solo a seguito dell'approvazione della cd. legge ponte n. 765/1967 tale obbligo di munirsi di titolo abilitativo ad edificare è stato esteso all'intero territorio comunale (TAR Campania 15/09/2010 n. 17416).



CONSIDERAZIONI FINALI

Il certificato di agibilità viene tradizionalmente ricondotto nell’ambito dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta che l‘art. 1477 comma 3 del Codice Civile impone al venditore di consegnare all’acquirente.
Il certificato di agibilità deve essere richiesto quando siano stati realizzati i seguenti interventi:
nuove costruzioni
ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.

Nel caso di immobili oggetto di condono edilizio, il certificato di agibilità viene rilasciato a seguito del permesso di sanatoria, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 35 della L. 47/85 e ribadito dal punto 9 della Circolare Ministeriale 30/07/1985, nr .3357/25.













giovedì 7 giugno 2012

IL PIANO CASA

SNELLIMENTO DELLE PROCEDURE IN MATERIA DI EDILIZIA ED URBANISTICA

La Regione Piemonte, con la Legge Regionale n. 20 del 14/07/2009,ai fini del rilancio del comparto delle costruzioni, ha disciplinato gli interventi di ampliamento volumetrico, in deroga agli strumenti urbanistici esistenti e lo snellimento delle procedure edilizie.
Tali ampliamenti sono realizzabili a condizione che si utilizzino tecnologie volte al risparmio energetico (riduzione richiesta pari al 40%) mentre, nel caso della demolizione e della successiva ricostruzione, il miglioramento deve riferirsi alle severe disposizioni contenute nel Protocollo ITACA 2009 (Residenziale) e prevede ipotesi di riqualificazione urbana con un incremento di volumetria fino al 35% dell'esistente, finalizzato al miglioramento della qualità architettonica, energetica, ambientale, della sicurezza e dell'accessibilità.
La scadenza fissata per potere usufruire del Piano Casa è il 31/12/2012.
A seguito di alcuni dubbi e di difficoltà interpretative, la L.R. 20/09 è stata successivamente parzialmente modificata dalla Legge Regionale n. 1 del 02/03/2011 che ha chiarito, tra gli altri, alcuni aspetti importanti come la possibilità di demolire completamente un edificio e ricostruirlo su terreno con particella catastale differente purchè formante un'unica proprietà autonomamente utilizzabile (art. 4 comma 5) , permettendo, altresì la chiusura di porticati e loggiati (piani pilotis) in fabbricati con tipologia a schiera, previa presentazione del progetto unitario (art. 3 comma 1). In questo caso, il limite posto prevede che " la volumetria complessiva data da quella esistente sommata all’ampliamento realizzato, come disciplinato ai commi 3, 4 e 5, non deve superare i 1.200 metri cubi".
Negli edifici a destinazione produttiva ed artigianale, sono stati consentiti ampliamenti del 20% della SUL (Superficie Utile Lorda), fino ad un massimo di 200 mq. In caso di esaurimento della SUL, è stata data la possibilità di soppalcare i fabbricati consentendo un aumento massimo del 30% della SUL.
La Regione Piemonte, con un emendamento all'assestamento del bilancio, ha prorogato fino al 31 dicembre 2013 l'applicazione delle norme contenute nella Legge Regionale n. 20/2009, relativa al Piano Casa. Pertanto, fino a dicembre 2013 saranno consentiti gli interventi edilizi in deroga per l’ampliamento, demolizione e ricostruzione con premio volumetrico degli edifici a destinazione residenziale, artigianale, produttiva, direzionale e turistico-ricettivaLa proroga in questione dovrebbe essere assorbita nel provvedimento di modifica della legge regionale urbanistica n. 56/1977, in previsione di essere varato nei primi mesi del 2013.

mercoledì 6 giugno 2012

CESSIONE IMMOBILIARE E DETRAZIONI FISCALI


IN CASO DI COMPRAVENDITA IMMOBILIARE
A CHI SPETTA LA DETRAZIONE FISCALE SUI LAVORI ESEGUITI

La CIRCOLARE N. 19E dell'Agenzia delle Entrate dell'01/06/2012 ha dato risposta ad alcuni interessanti quesiti riguardanti la detrazione del 36% per le ristrutturazioni e del 55% per la riqualificazione energetica (portata al 50% fino al 31/12/2016 la prima ed incrementata al 65% fino al 31/12/2016 la seconda dalla Legge di Stabilità 2016) dei lavori eseguiti dal proprietario sull'immobile oggetto di compravendita (Per le ultime novità, consulta la pagina "Eco-bonus, ristrutturazione edilizia e bonus mobili").
Per una corretta applicazione della normativa riguardante la detrazione fiscale si consiglia di leggere anche la scheda informativa dell'Agenzia delle Entrate.
Qui di seguito riportiamo i due quesiti e le risposte contenute nella predetta Circolare:


1.6 Fruizione della detrazione del 36% e vendita dell’immobile

D. In caso di vendita dell’immobile oggetto degli interventi  di  recupero del patrimonio edilizio si chiede se il diritto a fruire della detrazione, in assenza di specifiche clausole contrattuali, si trasferisce all’acquirente o resta in capo al venditore.
R. I commi 12-bis e 12-ter dell’art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, introdotti in sede di conversione in legge del decreto, intervengono sulla disciplina della detrazione del 36 per cento prevista, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, dall’art. 1 della legge n. 449 del 1997, modificando le disposizioni che individuano i soggetti cui compete la fruizione della detrazione in caso di vendita e, più in generale, in caso di trasferimento per atto tra vivi dell’unità immobiliare sulla quale sono stati effettuati interventi agevolabili (art.1, comma 7, della legge n. 449 del 1997, e art. 2, comma 5, terzo periodo, della legge n. 289 del 2002).
In base alla previgente disciplina, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte dal venditore spettava per i rimanenti periodi d’imposta all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare.
In base alla disciplina applicabile dal 17 settembre 2011, data di entrata in vigore della legge di conversione n. 148 del 2011, in caso di vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi agevolabili, le detrazioni “possono essere utilizzate dal venditore oppure possono essere trasferite per i rimanenti periodi di imposta … all'acquirente persona fisica dell'unità immobiliare”In assenza di specifiche indicazioni nell’atto  di trasferimento si ritiene che le detrazioni residue competano all’acquirente conformemente alla disciplina previgente. Depone in tal senso anche il comma 8 dell’art. 16-bis del TUIR, inserito ad opera dell’articolo 4 del DL n. 201 del 2011 che, a partire dal 2012, ha reso strutturale la detrazione in esame, secondo cui “In caso di vendita dell’unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi … la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita per i rimanenti periodi di imposta, salvo diverso accordo delle parti, all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare”. Si precisa che i commi in esame non incidono su altri profili dell’agevolazione in esame. Si confermano quindi i chiarimenti già forniti con la circolare del 24 febbraio 1998, n. 57 del Ministero delle Finanze con la quale si è precisato che benché il legislatore abbia utilizzato il termine “vendita” (non oggetto di modifica) la detrazione trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si ha una cessione dell’immobile, anche nelle cessioni a titolo gratuito. Nell’ipotesi, invece, di trasferimento  mortis causa dell’immobile oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio, resta invariato per gli eredi il diritto a godere delle quote residue della detrazione, purché conservino la detenzione materiale e diretta dell’immobile, come previsto dal quarto periodo dell’art. 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002, non modificato dal decreto legge n. 138 del 2011.




1.7 Fruizione della detrazione del 55% e vendita dell’immobile

D. Si chiede se le disposizioni riguardanti  il trasferimento della detrazione del 36% per interventi di recupero del patrimonio edilizio in caso vendita dell’immobile si applichino anche alla detrazione del 55% per  interventi di riqualificazione energetica?
R. L’art. 1 della legge n. 296 del 2006, introduttivo dell’agevolazione per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, prevede al comma 348 che la detrazione sia “concessa con le modalità di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e alle relative norme di attuazione previste dal regolamento di cui al decreto del ministro delle Finanze 18 febbraio 1998, n. 41”, ossia con le modalità previste per l’agevolazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio. Con circolare n. 36/E del 31 maggio 2007 è stato chiarito che in relazione alla variazione della titolarità dell’immobile durante il periodo di godimento dell’agevolazione, in assenza di precise indicazioni rinvenibili nel decreto attuativo del 19 febbraio 2008, si  rinviava alla prassi normativa relativa alle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie.
Successivamente, il DM di attuazione del 19 febbraio 2007 (nella formulazione 
risultante dalle modifiche apportate dal D.M. 7 aprile 2008) ha previsto all’art. 9-bis che “in caso di trasferimento per atto tra vivi dell’unità immobiliare residenziale sulla quale sono stati realizzati gli interventi di cui all’art. 1, commi da 2 a 5, le relative detrazioni non utilizzate in tutto o in parte dal cedente spettano, per i rimanenti periodi d’imposta, all’acquirente persona fisica dell’unità immobiliare”.
Al riguardo, sebbene il richiamato art. 9-bis del DM del 19 febbraio 2007 non sia stato espressamente modificato, tenendo conto della gerarchia delle fonti, si ritiene prevalente il rinvio operato dal comma 348 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 alle “modalità di cui all’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni”, ossia alle disposizioni riguardanti la detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio. Conseguentemente, i commi 12-bis e 12-ter dell’art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 sono applicabili anche agli atti di trasferimento tra vivi delle unità immobiliari sulle quali sono stati effettuati interventi di riqualificazione energetica agevolabiliÈ così mantenuta, anche dopo la modifica normativa descritta, la simmetria tra le modalità applicative delle due agevolazioni fiscali.


ARGOMENTI CORRELATI
Si allega anche una pagina del "Quotidiano del Commercialista" del 02/06/2012 che, in sintesi, analizza e commenta i passi della Circolare sopra riportati.





P   Rispetta l'ambiente: se non ti è necessario, non stampare questo post.